Tramonto nelle steppe dell’Asia centrale

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La steppa ha nella sua piatta monotonia uno dei suoi fascini. Bisogna aspettare la sera e salire in alto. Basta poco, perché all’orizzonte non ci sono colline, montagne, o qualunque posa possa ostacolare la vista. L’orizzonte, piatto e monotono, diventa teatro di tramonti di fuoco. Il sole si abbassa in fondo alla steppa, i suoi raggi percorrono molta strada attraverso l’atmosfera. Il blu non ce la fa e viene assorbito prima di giungere ai vostri occhi. Il rosso si diffonde e regala un momento di magia sul deserto, dietro un minareto, o sulle mura della città. Ho deciso di stare a Khiva, nel nord dell’Uzbekistan, diversi giorni, e non mi sono perso nemmeno un tramonto. Qualche volta sono andato sulle mura, qualche volta sotto o dento al minareto, per vedere la città diventare rosa, oppure per vedere le sagome dei minareti nere in controluce al sole che affondava in fondo alla steppa. Qualche secolo fa, quei raggi di sole che si spegnevano all’orizzonte potevano nascondere un’orda di conquistatori venuti dalla Mongolia, oppure dalla Persia. Una vedetta cercava di avvistarli da lontano. Ma non c’era molto da fare, se non aspettarli e fronteggiarli lì. La steppa era troppo grande. Ogni alba poteva portare nuova luce o una nuova incursione, una nuova battaglia.

Oggi, di quelle battaglie rimane ancora molto, nell’architettura, nei lineamenti della popolazione ancora miscuglio di oriente e occidente. Gli echi di quelle voci della storia paiono ancora intrappolati nelle volte delle moschee e nei minareti, ma sono ormai silenti. Rimangono i tramonti, che regalano ancora la poesia e l’atmosfera magica dell’Asia Centrale.

–> il mio libro Pamir Express, in viaggio in Asia centrale

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